Nel 1850, al termine della deputazione guidata da Vincenzo Ricci, venne inoltre emanato un nuovo regolamento dell’Albergo. Il testo aveva le sue premesse nel lungo lavoro svolto dall’amministratore genovese ed arrivava a stabilire alcuni punti di rottura con il passato. L’Albergo era destinato, in proporzione alle sue finanze e alle sue capacità, a dare ricetto a tutti quei poveri che per tenera età, non minore però di tre anni compiuti, per vecchiaia o per imperfezioni fisiche, non erano abili a potersi procurare con le loro forze il sostentamento necessario.
Tuttavia non poteva esservi accolto nessuno al di fuori della città di Genova, oppure se non vi aveva domicilio fisso da almeno tre anni compiuti, dunque l’Albergo interrompeva il suo tradizionale rapporto con l’Entroterra e le Riviere, limitandosi ad ammettere solo persone di provenienza cittadina. Da questo discendeva un secondo elemento di rottura, ossia l’ammissione era vincolata ad un esame collegiale effettuato da una commissione sulla base di criteri stabiliti di merito e di bisogno. Non erano ammessi i ricorsi di ammissione di coloro che per croniche malattie non potevano fare vita comune con gli altri ricoverati. A parte queste novità, per il resto i cambiamenti nella vita dell’istituto furono modesti.
I principali obiettivi erano ancora l’ammaestramento in qualche arte dei ragazzi di ambo i sessi, l’ispirare alle classi povere l’amore, il dovere, la dignità del lavoro, lo spirito di risparmio e di previdenza, la viltà del mendicare. I poveri sarebbero stati provvisti di tutto il necessario, ma senza superfluo: si riteneva infatti che se la pubblica carità era un dovere della società, l’eccesso nei modi, ossia la troppa agiatezza dei mantenuti a carico comune sarebbe riuscito pericoloso esempio di infingardaggine e di imprevidenza.
All’età di vent’anni compiuti gli uomini validi e di trentadue le donne dovevano abbandonare l’ospizio. Erano eccettuati coloro che servivano al basso servizio dell’Istituto e che restavano a disposizione del Deputato della Casa.
L’Albergo dei Poveri era diretto dal Deputato alla Casa, che era il responsabile della direzione fisica e morale dei ricoverati, e aveva come suo principale collaboratore il Rettore, destinato nell’assenza a supplirlo, che era il primo fra gli impiegati e presiedeva a tutta la “famiglia”. La sezione maschile era affidata ad un Prefetto, preposto al controllo dei ricoverati, ad un Vice-prefetto e a cinque Assistenti, eletti questi ultimi fra i graduati della milizia, che erano gli addetti alla sorveglianza ed erano i vettori e gli agenti di quel lavoro educativo e repressivo al tempo stesso che veniva svolto nell’Istituto.