L’Albergo dei Poveri nell’Ottocento

L’Albergo dei Poveri, che nell’Ottocento rappresenta ancora la massima istituzione assistenziale genovese e mantiene pressoché immutate la sua funzione e la sua organizzazione rispetto ai secoli precedenti, vede comunque alcuni importanti cambiamenti sia dal punto di vista amministrativo che strutturale.

Nel periodo della Restaurazione venne infatti deliberato il completamento dell’edificio. I lavori, iniziati nel 1834 nel lato ovest della facciata, vennero terminati nel 1836 quando il corpo di mezzogiorno venne ultimato con l’aggiunta del torrione occidentale e di una parte del braccio contiguo. Alcuni interventi successivi riguarderanno solo la sopraelevazione, fino al livello del portone d’ingresso, della piazza antistante l’edificio con lo spostamento degli scaloni esterni e alcune modifiche interne di natura funzionale. Non verrà invece mai più realizzata l’ala di ponente, che verrà sostituita da uno stretto corridoio che, innestandosi all’incirca nella parte mediana della facciata interna definendo due cortili rettangolari, garantisce comunque la percorribilità perimetrale dell’impianto.

 

Con l’apertura di corso Carbonara e di corso Dogali (1870 ca.) l’Albergo venne poi inserito nel tessuto urbano.

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Nel dicembre 1805 si registrò un cambio dei vertici. Il governo francese creò un consiglio generale degli ospizi di Genova, sei membri del quale, costituiti in “protettoria”, dovevano sovrintendere all’Albergo. Nel 1814 per decreto del Governo di Genova, e nel 1818, per regio rescritto, venne ricostituito un nucleo indipendente di otto individui chiamato Magistrato dell’Albergo dei Poveri, senza potere criminale, al quale spettava l’amministrazione dell’Albergo e di quanto era ad esso aggregato. Nel 1836, attraverso una legge confermata poi nel dicembre 1850 relativa a tutte le Opere Pie dello Stato, restò abolito il titolo di Magistrato al Corpo Governante dell’Albergo, e gli fu sostituito quello Generale di amministrazione.

Esso, che si componeva di otto membri fra cui un presidente di nomina regia, un vice presidente e sei amministratori, rimase in carica fino all’Unità d’Italia. In esecuzione del Regio Decreto del 4 agosto 1861 la gestione dell’Albergo dei Poveri fu affidata alla Congregazione di Carità di Genova, che aveva sede nell’Albergo, mantenendo però separato patrimonio e gestione. Tale congregazione, istituita per legge, era la suprema magistratura della beneficenza cittadina e si componeva di un presidente nominato dal Consiglio Comunale e di dodici membri.

Infine, con la legge Crispi del 1890 divenne una I.P.A.B. (Istituzione di Pubblica Assistenza e Beneficenza).

Resterà così fino al 1937 quando la Congregazione di Carità venne abolita e venne istituito l’Ente Comunale di Assistenza sotto la cui tutela passava l’Albergo e, con decreto del 10 giugno 1938, venne decentrato e costituito in amministrazione autonoma.

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Ingresso Galleria donne

Albergo dei Poveri sala delle riunioni
corridoio dell' Albergo dei Poveri

Nel 1850, al termine della deputazione guidata da Vincenzo Ricci, venne inoltre emanato un nuovo regolamento dell’Albergo. Il testo aveva le sue premesse nel lungo lavoro svolto dall’amministratore genovese ed arrivava a stabilire alcuni punti di rottura con il passato. L’Albergo era destinato, in proporzione alle sue finanze e alle sue capacità, a dare ricetto a tutti quei poveri che per tenera età, non minore però di tre anni compiuti, per vecchiaia o per imperfezioni fisiche, non erano abili a potersi procurare con le loro forze il sostentamento necessario.

Tuttavia non poteva esservi accolto nessuno al di fuori della città di Genova, oppure se non vi aveva domicilio fisso da almeno tre anni compiuti, dunque l’Albergo interrompeva il suo tradizionale rapporto con l’Entroterra e le Riviere, limitandosi ad ammettere solo persone di provenienza cittadina. Da questo discendeva un secondo elemento di rottura, ossia l’ammissione era vincolata ad un esame collegiale effettuato da una commissione sulla base di criteri stabiliti di merito e di bisogno. Non erano ammessi i ricorsi di ammissione di coloro che per croniche malattie non potevano fare vita comune con gli altri ricoverati. A parte queste novità, per il resto i cambiamenti nella vita dell’istituto furono modesti.

I principali obiettivi erano ancora l’ammaestramento in qualche arte dei ragazzi di ambo i sessi, l’ispirare alle classi povere l’amore, il dovere, la dignità del lavoro, lo spirito di risparmio e di previdenza, la viltà del mendicare. I poveri sarebbero stati provvisti di tutto il necessario, ma senza superfluo: si riteneva infatti che se la pubblica carità era un dovere della società, l’eccesso nei modi, ossia la troppa agiatezza dei mantenuti a carico comune sarebbe riuscito pericoloso esempio di infingardaggine e di imprevidenza.

All’età di vent’anni compiuti gli uomini validi e di trentadue le donne dovevano abbandonare l’ospizio. Erano eccettuati coloro che servivano al basso servizio dell’Istituto e che restavano a disposizione del Deputato della Casa.

 

L’Albergo dei Poveri era diretto dal Deputato alla Casa, che era il responsabile della direzione fisica e morale dei ricoverati, e aveva come suo principale collaboratore il Rettore, destinato nell’assenza a supplirlo, che era il primo fra gli impiegati e presiedeva a tutta la “famiglia”. La sezione maschile era affidata ad un Prefetto, preposto al controllo dei ricoverati, ad un Vice-prefetto e a cinque Assistenti, eletti questi ultimi fra i graduati della milizia, che erano gli addetti alla sorveglianza ed erano i vettori e gli agenti di quel lavoro educativo e repressivo al tempo stesso che veniva svolto nell’Istituto.

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Raffigurazione di Angelo Giovanni Spinola, statua in stucco
Giovan Battista Barberini, 1625 – Collocata in una nicchia del ballatoio dello scalone di sinistra tra il 1671 e il 1673

La parte religiosa era affidata ad un parroco, a quattro cappellani confessori e a diversi cappellani semplici tutti scelti dall’Amministrazione. Sulla sezione femminile vegliavano una Superiora e ventiquattro Sorelle di Nostra Signora del Rifugio che, insieme al Prefetto, curavano in particolare l’ammaestramento dei ricoverati nei loro doveri nei due reparti di loro competenza, ed alcuni adulti fra i più istruiti insegnavano regolarmente il Catechismo ai ragazzi ed a quanti non ne erano sufficientemente edotti.

C’erano infine quasi trecento persone addette al servizio, per lo più uomini e donne di età avanzata, che erano prevalentemente ospiti stessi dell’Albergo cui la Direzione offriva un lavoro all’interno dell’Istituto. Questo consentiva loro numerosi vantaggi quali un vitto maggiorato ed il permesso alla libera uscita dalla mattina alla sera, una o due volta alla settimana per gli adulti, una volta al mese per i giovani.

Dopo l’assedio di Genova del 1800, che causò fame ed epidemie, e la decadenza del commercio marittimo e delle industrie, che avvenne sempre in questa prima parte del secolo, si registrò un nuovo incremento del numero di poveri presenti in città. Di conseguenza in meno di cinquant’anni anche il numero degli assistiti presso l’Albergo dei Poveri raddoppiò raggiungendo i 1.800 ricoverati, né in questo periodo è facile essere ammessi e ogni richiesta è fatta oggetto di un severo esame.

In seguito, in un periodo di 25 anni, perse circa un quarto della sua ricettività, passando dai 1.700 ricoverati del 1845 ai 1.300 del 1870. Dalla seconda metà del secolo i ricoverati andranno poi via via gradatamente diminuendo fino a raggiungere nuovamente il numero di 900 internati nella prima metà del XX secolo.

 

Le ammissioni presso l’Albergo dei Poveri potevano avvenire forzatamente o dietro spontanea richiesta, che era comunque la forma più diffusa, specie a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, probabilmente per il progressivo allentarsi delle rigide linee di disciplina in vigore dalle origini dai tempi della fondazione. In questo momento l’Albergo dei Poveri appare soprattutto come un immenso opificio, nel quale infatti proprio in questo secolo i lavoreri raggiungono la loro massima articolazione. Fin dalla sua fondazione l’Albergo dei Poveri era stato dotato di questi grandi ambienti dedicati alla lavorazione della lana, della canapa e del cotone, voluti da Emanuele Brignole come possibile fonte di autofinanziamento della struttura.

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Albergo dei Poveri, elevation principale, Coupe principale PI. 47 da M.P. GAUTHIER, Les plus beaux edifices de la ville de Genes et de ses environs, Paris 1818-32

Le prime attività introdotte riguardavano soprattutto la lavorazione della lana, destinata comunque sempre a rimanere la manifattura principale dell’Albergo, ma già dal 1668 iniziarono a svilupparsi anche le tessiture del cotone (bombacine) e del lino.

Nell’Ottocento le principali divisioni erano ancora le lanerie, le telerie e i tessuti in cotone, ma le prime comprendevano tappeti d’ogni genere, coperte di lana, panni inferiori e guardrappe; in filo si tessevano tele di diverse qualità, asciugamani, servizi da tavola e fra questi alcuni con disegni di figura all’uso di Fiandra, manifattura di cui si era persa la pratica della lavorazione e che era particolarmente apprezzata; in cotone infine si facevano berretti, damaschi e stoffe ad uso di vestiario o per i mobili.

Tutte le successive modificazioni delle materie ed anche la tintura erano eseguite all’interno dell’Albergo, ad eccezione della follatura e alcune parti dei filati.

Le materie greggie venivano acquistate dal Portofranco.

I bambini ricevevano presso l’Albergo un’istruzione di base. Tutti i ragazzi dai sei ai quattordici anni frequentavano le scuole, che fino agli inizi del Novecento erano presenti all’interno dell’Albergo. L’istruzione veniva impartita nella sezione maschile da due maestri alle dipendenze dell’Opera Pia e nella sezione femminile dalle Sorelle di Nostra Signora del Rifugio che prestavano servizio nell’Istituto.
E comunque tutti, sia maschi che femmine, venivano infine avviati alle attività che si svolgevano nei lavoreri dell’Albergo.

Infine, nell’Ottocento, l’Albergo dei Poveri si arricchisce di nuove importanti opere d’arte. A causa della soppressione e della conseguente demolizione delle chiese di ordini religiosi in seguito alla legge del 18 ottobre 1798, confluiscono all’Albergo beni provenienti da tali strutture fra i quali in particolare una Pietà attribuita a Luca Cambiaso; il Martirio di Sant’Andrea di Castellino Castello, datato 1607 e firmato, proveniente dalla distrutta chiesa di San Francesco di Castelletto; l’Assunzione della Vergine di Gio Battista Paggi, forse proveniente da convento delle monache dei SS. Giacomo e Filippo; il Martirio di San Benigno di Giovanni Battista Carlone, datato 1672, proveniente dalla distrutta chiesa di San Benigno; un Presepio di Orazio de Ferrari proveniente da Santa Chiara. Ad essi si aggiunse il polittico della Madonna con Bambino di Pier Francesco Sacchi (oggi conservata presso il Museo Diocesano di Genova), proveniente dall’Ospedale di San Lazzaro, distrutto in seguito alla costruzione della linea ferroviaria nel 1850.

 

Senza contare i nuovi monumenti dedicati ai benefattori dell’Albergo dei Poveri di questo secolo come quelli di Alessandro Pallavicino (1847), di Giuseppe Puti (1857), di Giovanni Battista Dentone (1890), che si trovano nell’atrio superiore. Ed anche la statua di Emanuele Brignole opera dello scultore Giuseppe Molinari viene realizzata per iniziativa del principe Vittorio Centurione in questo secolo (1857) contrariamente alle volontà testamentarie del fondatore.

 

Annamaria de Marini

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Alessandro Pallavicino (1847)